Le Pertiche

Territorio e Cultura locale

All’interno del nostro Agriturismo vi è una piccola biblioteca di storia locale dove saranno disponibili per consultazione dei clienti pieghevoli, guide e libri.

"La Pertica è una vasta zona montana, solcata da freschi e rapidi torrenti, che si corruga dal Termine, sui confini della Valle Trompia, a Presegno, frazione di Lavenone. Comprendeva 10 comunelli, divisi ora nei due comuni di Pertica Alta e Pertica Bassa.
La fantasia popolare colorì questi amenissimi paesi di streghe, di folletti e dicerie; oggi gli spiriti maligni, che tormentarono con la loro diabolica presenza la vita dura ma serena dei montanari, sono scomparsi e i villeggianti possono trascorrersi senza timore giorni tranquilli di ricreazione morale e materiale.
Alpigiani energici ed ispidi, donne curve sotto il fascio di legna, ragazzi franchi e fieri con piccoli branchi di pecore e capre, pare completino il quadro suggestivo di queste montagne."

Tratto da: Curiosità e leggende valsabbine, Ugo Vaglia 1947

Principali particolarità che si possono visitare nel nostro territorio:

Il santuario della Madonna del pianto a Ono degno

Santuario eretto dopo il miracoloso evento del 1601. L’icona della Vergine Maria portata de Venezia da Giovanni Antonio Dusi, si mise a piangere difronte alle preghiere della figlia sordomuta nella notte del 30 aprile

Il santuario di Barbaine

Prime notizie che abbiamo su Barbaine risalgono al 1384. La Peste del 1576 e del 1630 fa si che questo luogo sia scelto come cimitero con fosse comuni per collocare le vittime di quegli eventi.
Dal XVI secolo diventa dunque meta di molteplici processioni da tutti e 10 i comuni della Pertica. Ogni popolazione portava a capo il proprio stendardo con l’effige del Santo patrono.
Ai morti di Barbaine si chiedevano grazie, favori e intercessioni per ogni necessità.

La corna dei morti a Presegno

I suoi abitanti ricordano anche che Presegno fu colpito da un’altra epidemia: la spagnola del 1918-1919. Coloro che erano infettati venivano portati, insieme ai loro oggetti quotidiani, in una località nota con il nome di Castello o Corna dei Morc dove passavano i loro ultimi giorni di vita. Fino a poco tempo fa, scavando nelle vicinanze di quel luogo, si potevano ritrovare seppelliti gli oggetti di uso quotidiano.

Il carnevale di Livemmo

La vècia del val, l’omahì dal zerlo e il doppio rappresentano le maschere storiche del carnevale pertichese. Il loro ballo ricco di giravolte cattura l’attenzione del visitatore.

Il canto della Stella

Iniziativa popolare ereditata nei secoli. La notte della vigilia dell’Epifania ogni borgata annuncia cantando per le vie del paese, di casa in casa, l’arrivo dei Re magi. La peculiarità Perticaiola è il mantenimento di un unico testo variando le melodie. Ad oggi sono sopravvissute le canzoni di Presegno, Levrange, Avenone e Livemmo.

Il Sier

A mezzanotte, tra il 24 dicembre e Natale, un enorme falò viene acceso nel borgo di Ono degno. I giorni precedenti ogni famiglia accorre dando il suo contributo portando fascine di legna o aiutando la costruzione di questo enorme cono. Questo rito si ritiene abbia origini pre-cristiane e fosse realizzato in più borghi della Pertica.

San Lorenzo a Presegno il 10 agosto

Il patrono del paese è la festa di San Lorenzo, molto sentita e partecipata soprattutto religiosamente, mentre il giorno 11 era chiamato San lorenziono, giorno di grande libertà e giochi tra cui il gioco della “Morra” che nel tempo messo al bando a causa delle liti furiose che provocava. Il gioco, all’apparenza molto semplice, consisteva in un incontro tra due persone le quali dovevano con la mano destra, dopo aver battuto sul tavolo, indicare al centro con le dita un numero da 0 a 5, mentre a voce ( in dialetto stretto ) provare a indovinare la somma delle due mani, della propria e dell’avversario. Il ritmo di gioco è incalzante ed occorre allenamento per impararlo.


Santa Lucia il 12 dicembre

Nonostante la povertà dei secoli scorsi la ricorrenza di Santa lucia, era sempre rispettata. Seppur con poche cose, i genitori facevano trovare la mattina ai propri figli i tradizionali mandarini e lo Scrocànt.

Arte, Architettura e Musei:

I dipinti e le architetture di case e fienili contraddistinguono l’identità locale. Vi troviamo ancora buone testimonianze storiche. Il forno fusorio di Livemmo, il Centro studi-museali interattivo di cultura prealpina a Livemmo e il Museo del folklore valsabbino a Forno d’ono raccolgono alcune di queste peculiarità

Gli endemismi della Corna Blacca

Il paesaggio laterale delle dolomie presenta ampi lembi discontinui di calcari neri o grigio scuri, molto stratificati e fragili, intervallati da placche di calcari e marne che prendono il nome di “formazione di Wengen” che costituisce il nucleo principale dell’Alta Valle Sabbia. Sulle rupi dolomitiche vi troviamo alcuni endemismi unici in tutta Europa, come: la Veronica bonarota, Potentilletum caulescentis, Silene saxifraga, Potentillia caulescens, Phyteuma scheuchzeri, Laserpitium nitidum, Telekia speciosissima, Campanula squisitamente lombarda, Daphne petraea, Primula glaucescens. Correva l’anno 1804 quando la Campanula raineri fu rinvenuta nella zona della Corna Blacca, alcuni mesi dopo la sua prima scoperta nelle Grigne, massiccio montuoso in provincia di Lecco. Inoltre nel 1956 Hermann Merxmuller e Waler Gutermann, di Monaco, scoprono la Moehringia markgrafii, un tipico fiore valsabbino. Questi fiori sono piccoli gioielli della natura che non possono non destare stupore e meraviglia, rappresentando un patrimonio inestimabile per la Pertica e la Valle Sabbia in generale.

Fauna

Alcuni animali che costituiscono la fauna in prossimità della Corna Blacca (Riserva naturale di protezione ambientale e faunistica) sono il Capriolo, Cervo e Camoscio quantitativamente limitati da un’incontrollata pressione venatoria, arrivati dal vicino Trentino. Sempre nello stesso territorio vivono altri mammiferi come la donnola, lo scoiattolo, il ghiro, il riccio, il toporagno alpino, la faina, la volpe e meno rara di quanto si pensi la presenza dell’ermellino. Sono più rari invece la martora, la puzzola e il tasso. Mentre in gran numero soprattutto negli ultimi anni è la presenza dei cinghiali, spesso dannosi per Aziende Agricole.
Negli ambienti umidi è presente la salamandra nera e quella pezzata, il rospo, la rana rossa di montagna e il tritone alpino; nel torrente Abioccolo e Degnone potevamo trovare il Vairone e la Trota.
Tra i rettili numerose sono le specie fra cui la temuta vipera comune, il marasso, speci culubri, il ramarro e la lucertola vivipara.
Nella zona coperta da latifoglie sono presenti numerosi volatili tra cui l’allocco, la poiana, la civetta, il gufo, la beccaccia, il cuculo, l’Aquila reale, la coturnice, il Picchio rosso maggiore, il Gallo cedrone, il Francolino di monte molto raro presente solo nelle vicinanze di Presegno, il Fringuello, la Peppola, Zigolo giallo, Cesena, Merlo, Tordo, Pettirosso, Balia nera, Picchio muratore molto raro, il Gracchio, lo Storno, la Rondine e la Passera.
Per quanto riguarda il passato ci sono giunte alcune testimonianze interessanti a riguardo di alcuni animali come la Iena delle caverne e l’Orso Spelèo che sono scomparsi dalla valle, da ere geologiche. Il Ghiottone, il Bisonte e la Lince, da millenni. Mentre il Castoro, lo Stambecco, il Danino, da secoli. Dal manoscritto di Pietro Zani, nativo di Belprato (1870), si constata che sui monti di Presegno nel 1854 vi è ancora il lupo.
Si racconta che nel maggio 1872, il dott. Giuseppe Ragazzoni esplorando la grotta “Bùs del Romet” di Levrange, rinvenne ossa di Orso, Lupo, Volpe, Lince, Tasso, Donnola, Riccio, Sorci, Marmotta, Cinghiale, Bue, Cervo, Stambecco. Successivamente nel 1960 quattro vestonesi fermamente decisi di completare l’opera di esplorazione iniziata da Stoppani e Ragazzoni nel 1858 poi nel 1872 si recano al buco di Levrange armati di buona volontà, “picco e pala” e alcune bottiglie di ottimo vino. Il bagaglio scientifico era molto scarso. Conclusione: Nulla di concreto.
Nelle memorie di Don Bortolo Calcari, sacerdote di Vestone, si scopre che elenca le località sedi di importanti roccoli: Zovo, Fobbia, Bagolino, Presegno, Ono, Livemmo annotando pure dal 1857 al 1890 la quantità del passo.

Leggende, Usi e costumi nei secoli

La famiglia viveva una sana e serena vita patriarcale. Marito e moglie si davano sempre del voi, la donna chiamava il marito “el me omen”, e l’uomo chiamava la moglie “la me fomla”, all’uso nordico. Nella pertica era consuetudine baciare il bulsù (catenaccio) della chiesa di Barbaine per trovare marito entro l’anno o per ottenere il dono della fecondità o del latte. Durante la gravidanza le donne evitavano di portare collane perché la loro creatura non nascesse strozzata, e invocavano la Vergine S. Anna per propiziare i parti. E’ pensiero comune che la madre per quaranta giorni dopo il parto non esca di casa. Le nonne e altre persone non potevano baciare la creatura prima del battesimo, cerimonia sempre accompagnata da una lieta festa famigliare.
Fra le specialità gastronomiche vi sono le foiade o i casoncelli, le lattughe a mezza Quaresima, lo scalitù, il capretto a Pasqua, i mondoi (castagne lessate) alla vigilia dei santi, la polenta tiragna e le formaggelle. Inoltre la puina (ricotta) era l’unico contorno alla polenta che i montanari, relegati per lunga stagione sui monti priva di sale, per eliminare gli stimoli della sete. Si tramanda che nei comuni della Pertica ancora nel Seicento gli uomini vestivano di pelli e bevevano il latte per risparmiare il vino.
L’onore e la dignità con cui veniva circondata la donna sposata, rendeva la donna vogliosa di matrimonio. Un’importante credenza tipica solo delle genti di Presegno e che i genitori a cui veniva chiesta la mano della figlia, prima di accondiscendere la rifiutavano tre volte quasi a distogliere il pretendente dal sospetto che se ne volessero sbarazzare. Anche la madre dello sposo all’atto di riconoscere la fidanzata, le diceva tutti i difetti del figlio e le metteva in chiaro le difficoltà finanziarie per concludere che se non le garbava poteva anche rompere la relazione.
Durante il giorno dei morti le anime tornavano a visitare le loro case e pertanto si lasciava apparecchiato e il fuco acceso di notte. Si accendevano davanti ai cimiteri e sui monti numerosi falò sui quali saltavano i giovani mentre le donne recitavano le preghiere dei defunti. Infatti si crede che i morti proteggano i vivi e quando una persona morta veniva sepolta si poneva una medaglietta nella loro bocca.
Curiosi sono i sistemi e le pratiche usate nella cura delle malattie. I neonati venivano lavati in acqua cosparsa di foglie di noce per favorirne la crescita robusta; ai bambini gracili si somministra la bava di cavallo o di mucca; ai grandicelli si dava pane inzuppato in latte e vino. Le malattie della pelle si curavano con lo scorpione senza coda bagnato nell’olio, mentre il fuoco di S. Antonio veniva circoscritto con decioni di rame e venivano preparati intrusi di fichi e di latte sugli ascessi. I fruncoli erano curati con foglie di geranio, i vermi con l’aceto e l’aglio, la tenia con 1 Kg di semi di zucca sbucciati e si disinfettavano le ferite con le sbursule (ragnatele) o con il muschio. La polmonite era curata con bagni freddi per diminuire la febbre mentre con l’urina di ragazze vergini si alleviavano i dolori di stomaco e come revulsivo era usato il grasso marcio.
Felici e nefasti auspici venivano tratti dalle fasi lunari per la semina, per i raccolti, per la potatura o il taglio delle piante. La luna calante favoriva il taglio dei boschi, il quarto di luna calante preannunciava la pioggia e la cometa disgrazie.

POESIA tramandata:

Prato belprato fiorito di fiori
Livemmo è bello
Avenone è nato sopra un dossello
Forno profondo
Ono è il più bel giardino del mondo
Presegno nato e narciso
e Bagolino è il più bel fiorellino del paradiso

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